Gaetano Scirea: l’esempio

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Gaetano Scirea (Cernusco sul Naviglio, 25 maggio 1953 – Babsk, 3 settembre 1989) .
Allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo difensore.
Giocava come libero, ruolo di cui è riconosciuto dalla stampa specializzata quale uno dei massimi interpreti nella storia del calcio, nonché icona di correttezza e signorilità.
Divenuto uno degli uomini-simbolo della Juventus allenata da Giovanni Trapattoni a cavallo degli anni 1970 e 1980, nonché suo capitano dal 1984 al 1988, Scirea formò – assieme al portiere Dino Zoff, allo stopper Claudio Gentile e al terzino Antonio Cabrini, tutti e tre compagni di club e nazionale – una delle migliori linee difensive nella storia.
Coi bianconeri vinse sette titoli di campione d’Italia, diventando al contempo, assieme al già citato Cabrini, il primo giocatore ad aver vinto tutte le maggiori competizioni UEFA per club;
detenne inoltre per lungo tempo il record di presenze nella storia del club torinese, con 552 apparizioni.
Con la maglia della nazionale italiana si laureò campione del mondo nel 1982.

La Domenica Sportiva del 3 settembre 1989 tutta incentrata sulla seconda giornata di Serie A e sulla sorprendente vittoria della Lazio sul terreno del Milan viene interrotta bruscamente mentre il rullo che manda in onda i servizi sui match è già partito.
Un affranto Sandro Ciotti spiega la ragione. Gaetano Scirea, il libero campione del mondo con maglia azzurra nella magica notte di Madrid e campione d’Europa con la maglia della Juventus nella tragica notte dell’Heysel, è morto in un incidente stradale, in Polonia, dopo esser andato a visionare in qualità di allenatore in seconda dei bianconeri il Górnik Zabrze, innocua squadra della Slesia
Sandro Ciotti quel tremendo 3 settembre ai microfoni della Domenica Sportiva:
“è inutile spendere parole per illustrare un uomo che si è illustrato da solo per tanti anni sui campi del mondo, che ha conquistato un titolo mondiale con pieno merito, che era un campione non soltanto di sport ma soprattutto di civiltà”

Secondo Gianni Brera «il povero Scirea era dolce e composto, di una moderazione tipica del grande artista.
Non era difensore irresistibile né arcigno, era buono, ma completava il repertorio con sortite di esemplare tempestività, a volte erigendosi addirittura a match winner».
Con movenze simili a quelle di Franz Beckenbauer, Scirea è ritenuto non soltanto uno dei più grandi difensori di sempre, ma anche uno dei più eleganti e moderni.


Il suo notevole senso tattico, reminiscenza dei suoi esordi da centrocampista, lo portava a dare il là a repentini ribaltamenti dell’azione.
Gianni Mura ha ricordato che «da ragazzino lui sognava Suárez e Rivera, la maglia numero 10, la direzione d’orchestra. Ci è arrivato ugualmente, con la maglia numero 6: direzione della difesa e appoggio al centrocampo e all’attacco».
Scirea era dotato di un’incredibile intelligenza difensiva che gli faceva leggere un passaggio anche prima che l’attaccante avversario lo suggerisse o facesse.
Il suo anticipo e la sua lettura del gioco non erano seconde a nessuno.

Era un difensore aggraziato con superba abilità tattica.
In contrasto con le tattiche spietate spesso impiegate da altri difensori della sua generazione, Scirea era rinomata per la sua classe, il fair play e la sportività.
Non è mai stato espulso o sospeso durante la sua intera carriera, che è un risultato straordinario per un difensore di livello internazionale, e questo dice molto sul suo temperamento e livello di abilità.
La classe assoluta e innegabile di Scirea è il metro con cui vengono giudicati tutti i difensori italiani.

Scirea era ed è molto più di uno dei più importanti e bravi difensori della storia del calcio.
E’ ” l’esempio”. Un punto di riferimento ‘trasversale’ che va oltre ogni campanilismo.

“Ho «rubato» qualcosa a ciascuno dei tecnici che ho avuto. Da Parola la capacità di responsabilizzare i giovani, da Trapattoni la capacità di tenere unito lo spogliatoio, da Marchesi la serenità e da Bearzot quella straordinaria umanità che è la base di ogni successo.“ — Gaetano Scirea dall’intervista alla Gazzetta dello Sport, 15 maggio 1989 Sui giovani

“Le vostre mogli vi guardano!” — Gaetano Scirea rimproverando i giocatori in seguito a un fallo, in un Fiorentina-Juventus;

“A volte mi chiedo come mi vedono i ragazzi, i bambini. E penso che vorrei mi vedessero come io vedevo lui.
Parlo dell’uomo, non solo dello straordinario giocatore. Perché questo, per me, vuol dire entrare nel cuore della gente, lasciare qualcosa che vada oltre i numeri.
[…] Il mio nome è vicino a quello di Scirea, bellissimo. (Alessandro Del Piero)

“Ero rimasto allo stadio più degli altri per le interviste e tornai in albergo non con le guardie del corpo, come succede oggi, ma sul furgoncino del magazziniere.
Gaetano mi aspettava. Mangiammo un boccone, bevemmo un bicchiere, ci sembrava sciocco festeggiare in modo clamoroso: mica si poteva andare a ballare, sarebbe stato come sporcare il momento.
Tornammo in camera e ci sdraiammo sul letto, sfiniti da troppa felicità.
Però la degustammo fino all’ ultima goccia, niente come lo sport sa dare gioie pazzesche che durano un attimo, e bisogna farlo durare nel cuore.
Eravamo estasiati da quella gioia, inebetiti. […]
Gaetano torna sempre. Lo penso a ogni esagerazione di qualcuno, a ogni urlo senza senso.
L’ esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita.
Gaetano mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate, in questo frastuono di cose vecchie col vestito nuovo, come canta Guccini.
Mi manca tanto il suo silenzio” (Dino Zoff)

Se mai c’è stato uno per cui bisognava ritirare la maglia, era Gaetano Scirea, grandissimo calciatore e grandissima persona. (Enzo Bearzot)

Un cavaliere, un grande avversario. La sua morte mi ha dato molto, molto dolore. (Diego Armando Maradona)

Era uno dei giocatori più forti del mondo, ma era troppo umile per dirlo o anche solo per pensarlo.
Il suo essere silenzioso e riservato forse gli toglieva qualcosa in termini di visibilità, ma certamente gli faceva guadagnare la stima, il rispetto e l’amicizia di tutti, juventini e non. Questo non significa che fosse un debole o che non avesse niente da dire: al contrario, era dotato di una grande forza interiore e sapeva parlare anche con i suoi silenzi. Io e lui avevamo caratteri completamente opposti, ma stavamo bene insieme. Una volta venne a trovarmi al mare e giocammo insieme a nascondino. Una cosa strana per dei professionisti di serie A, invece faceva parte del nostro modo di stare insieme e di divertirci in maniera semplice. Nel calcio d’oggi credo che si sarebbe trovato un po’ spaesato, ma solo a livello personale. Calcisticamente era uno molto competente e avrebbe saputo rendersi anche autorevole. Personaggi con il suo carattere, al giorno d’oggi, nel mondo del calcio non ce ne sono più. (Marco Tardelli).

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1 comment

  1. Gianmario Malfatto 24 Ottobre, 2018 at 09:19 Reply

    “L’ esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita.” Credo debba essere il punto di partenza da cui partire per tornare ad insegnare del buon calcio.

    Se ogni addetto ai lavori di questo sport potesse riuscire a vedere nel calcio solo uno sport da praticare bene, lavorando sulla fisicità e sulla tecnica, ricordando di esaltare la fantasia, e lasciando per ultimo la malizia, la “furbizia”, il “mestiere”, per poi cercare nel risultato non solo il punteggio ma anche il gioco, allora davvero potrebbe tornare ad essere lo sport praticato da fenomeni come Gaetano.

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