Roberto Baggio: quando il calcio è favola

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Roberto Baggio (Caldogno, 18 febbraio 1967) è un dirigente sportivo ed ex calciatore italiano, di ruolo attaccante o centrocampista, vicecampione del mondo con la nazionale italiana nel 1994.

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Soprannominato Raffaello per l’eleganza dello stile di gioco e Divin Codino per la caratteristica acconciatura, è ritenuto uno dei migliori giocatori della storia del calcio mondiale.
Con le squadre di club ha conquistato due scudetti (1994-1995 e 1995-1996), una Coppa Italia (1994-1995) e una Coppa UEFA (1992-1993).
In nazionale ha preso parte a tre Mondiali (Italia 1990, Stati Uniti 1994 e Francia 1998), sfiorando la vittoria dell’edizione 1994-
Pur non avendo mai vinto la classifica dei marcatori, è il settimo realizzatore del campionato di Serie A con 205 gol. Prolifico anche in nazionale, con 27 reti in 56 partite è quarto tra i migliori realizzatori in maglia azzurra, a pari merito con Alessandro Del Piero; inoltre, con 9 gol realizzati nei Mondiali, è il miglior marcatore italiano nella competizione iridata (a pari merito con Paolo Rossi e Christian Vieri), nonché l’unico ad aver segnato in tre diverse edizioni.
A livello individuale ha conseguito numerosi riconoscimenti, tra cui il FIFA World Player e il Pallone d’oro nel 1993 e l’edizione inaugurale del Golden Foot nel 2003.

Ambasciatore FAO, il 9 novembre 2010 gli fu assegnato il Peace Summit Award 2010, riconoscimento assegnato annualmente da una commissione composta dai Premi Nobel per la pace alla personalità più impegnata verso i più bisognosi, per «il suo impegno forte e costante alla pace nel mondo e le relative attività internazionali».

Scrivere, parlare di roberto Baggio non è mai impresa facile né banale. La divagazione è sempre in agguato: ci si può perdere parlando dei suoi tanti, gravi infortuni e delle sue ancor più numerose rinascite;
oppure piacevolmente distrarre ammirando le sue magie in campo; abbandonarsi al pettegolezzo analizzando il rapporto sempre complicato avuto con gli allenatori (ma si badi rarissimamente con i compagni di squadra che anzi lo hanno apprezzato, stimato professionalmente ed umanamente); discorrere della sua fede buddista.

Oltre a tutte queste argomentazioni rimane una sensazione ineluttabile: “ah da quando Baggio non gioca più”

Caldogno è un piccolo paese alle porte di Vicenza.
Roberto è un bambino esile e sensibile, abbastanza testardo ma soprattuto un malato di calcio.
A 16 anni Baggio debutta in serie in serie C1. Due campionati: nel primo solo sei presenze e un gol; nel secondo è titolare, segna e dà spettacolo.
La Fiorentina lo acquista per la cifra 2 miliardi e 700 milioni di lire e dopo 2 giorni, iI 3 maggio 1985,il primo infortunio: rottura del crociato e del menisco della gamba destra. A Firenze trova amici e comprensione, conosce i campioni del mondo Antognoni e Oriali.

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Campionato 1986-87: primi sorrisi, primi gol ma, in allenamento, il ginocchio operato si spacca. Ancora operazioni. Altri tre mesi fermo, dolori e sconforto. Si riprende a fatica, rientra. Ma il destino è feroce: un’altra rottura, menisco. Torna in sala operatoria: “Non potevo prendere antidolorifici e il dolore mi trapassava il cranio”.

Baggio non molla, torna, ce la fa, gioca. Segna a Napoli, nella città di Maradona. Primo scudetto di Dieguito e primo gol di Roberto Baggio.
Roberto Baggio, con il suo calcio dal sorriso tenero e semplice, entra nel cuore della Fiorentina e dei tifosi di tutta Italia. Gli vogliono bene e lui ricambia con le sue meraviglie.
“Avevo male, sempre male. Ma non importava. Sono stato male molti anni, ma sono andato in campo. Se avessi dovuto giocare soltanto quando stavo bene, con quella gamba, con quelle ginocchia, avrei fatto due, tre partite all’anno.
E invece ho resistito, mi è andata bene. Molti miei amici sono stati più sfortunati e hanno smesso subito”.
Il 1990 Baggio è in ritiro a Coverciano con la Nazionale. L’atmosfera è elettrica, i tifosi contestano, il c.t. Azeglio Vicini fa chiudere il centro federale al pubblico.
L’Italia gioca due partite, Robi non c’è. Entra, in coppia con Schillaci, nella terza gara contro la Cecoslovacchia ed è subito spettacolo.
Il 19 giugno 1990, a Roma, cominciano le Notti Magiche. Roberto segna uno dei suoi gol più belli. Semifinale con l’Argentina: entra sull’1-1, sfiora un gol. Supplementari e rigori, Baggio segna, Donadoni e Serena sbagliano. Argentina in finale, Germania campione.

Dopo l’estate è  Juventus. Roberto fatica, poi si sblocca, segna 18 volte e torna in Nazionale. e’ il 1991 adesso il c.t. è Sacchi.

Gli anni successivi consacrano  Baggio: adesso è al centro di tutto. Conquista tifosi, Agnelli, coppa Uefa, il Pallone d’oro nel 1993.


Va in America con Sacchi ai mondiali. Un sogno e un incubo. Pasadena, 17 luglio, ore 12.30,finale di coppa del mondo contro il Brasile. Zero a zero, supplementari, rigori. Sbagliano Franco Baresi e Roberto Baggio, i due più bravi rigoristi italiani, e il Brasile è campione.
La stagione 1994-95 sarà la sua ultima in bianconero. C’è Marcello Lippi, La Juve vince lo scudetto, grazie anche ai gol e agli assist di Baggio nella prima parte della stagione.

Finisce al Milan. Il grande Milan di Capello vince, dopo una stagione di pausa, ancora lo scudetto. Per Fabio è il quarto in cinque anni, per Robi il secondo di fila con due squadre diverse.
Una bella stagione, i tifosi rossoneri, subito in sintonia con il Divin Codino, lo eleggono giocatore dell’anno, anche se è spesso sostituito.
Nel 1997 Baggio lascia la sponda rossonera.

In estate, un anno prima del Mondiale in Francia, Baggio sembra finito. Non è cosi.  La nuova destinazione, Bologna, lo riporta in corsa. Il suo obiettivo principale è sempre la Nazionale, forse la sua unica e vera maglia.
Cesare Maldini lo richiama in azzurro.

Bologna è un momento positivo e importante. I rapporti con l’allenatore Renzo Ulivieri non sono semplici, ma il bilancio personale di Baggio è strepitoso: 22 gol, il suo record in A. Prenota Francia ’98. Il Mondiale francese è segnato dal dualismo Baggio-Del Piero. L’Italia esce ai rigori, battuta dai francesi.

Nell’estate 98, dopo una sola stagione, lascia Bologna e torna a Milano, stavolta all’Inter. Robi non riesce a dare il massimo. Nell’estate 2000, Gino Corioni, presidente del Brescia, lo convince: «Vieni da noi».
Baggio incontra Carlo Mazzone, un bellissimo rapporto di stima e amicizia.
Sor Cadetto lascia Robi libero di inventare. E allora arrivano i gol in un Brescia che fa ruotare Toni, Di Biagio, Pirlo e Guardiola.
Baggio si ritrova in testa alla classifica dei marcatori, con otto gol nelle prime nove giornate. Ma il destino lo ferma: cede il ginocchio sinistro.
La riabilitazione è da record, ritorno in campo dopo 76 giorni, in tempo per segnare tre gol nelle ultime tre partite. Ma Trapattoni non lo convoca.
La delusione è grande, ma Roberto gioca altri due anni.
Il 16 maggio 2004, a San Siro, la Scala del calcio, si conclude la luminosa carriera del violinista Baggio: la gente canta e balla per lui.

La Gazzetta titola: «Sei stato un mito, sei stato Baggio».

Lucio Dalla, poeta e cantautore, dice: «A veder giocare Baggio ci si sente bambini… Baggio è l’impossibile che diventa possibile, una nevicata che scende giù da una porta aperta nel cielo».

Pep Guardiola, che con il Divin Codino ha giocato dal 2001 al 2003 a Brescia.
Il grande rispetto che il giocatore spagnolo ha sempre avuto nei confronti di Baggio emerge platealmente il 21 aprile 2002, quando, durante un Brescia-Fiorentina, il fuoriclasse italiano torna in campo dopo 77 giorni dal grave infortunio al ginocchio. Al ’25 del secondo tempo, Mazzone decide che è il momento di buttare nella mischia anche lui, nel tentativo di strappare punti necessari per garantire la salvezza alle Rondinelle a fine stagione.
In quel momento Guardiola è il capitano in campo. Nel momento della sostituzione con Giunti, però, lo spagnolo si avvicina a Baggio a bordocampo e, dopo averlo abbracciato, gli consegna la fascia.
Un momento molto toccante, che resterà per sempre nella memoria del giocatore e dei tifosi italiani. Un po’ per l’emozione del momento, un po’ perché Baggio, tornato in campo dopo più di 2 mesi, mette a segno una strepitosa doppietta. Il 6 aprile 2010, quando al Camp Nou si gioca Barcellona-Arsenal, valevole per il ritorno dei quarti di finale di Champions League.
In quell’occasione il tecnico dei Blaugrana Guardiola invita Baggio a vedere la partita, incontrandolo dopo il fischio finale negli spogliatoi.
Quella non è solo l’occasione per lo spagnolo di rincontrare Baggio dopo tanto tempo, ma anche quella di presentare al Divin Codino un giovanissimo Leo Messi, mattatore della serata con 4 reti. Una più bella dell’altra.
Proprio nel presentarlo alla Pulce, Guardiola dipinge un meraviglioso ritratto di Baggio, definendolo come il giocatore più forte con cui lui avesse mai giocato.

Altro campione e grandissimo allenatore che si è espresso su Baggio, rivedendone in modo totale il proprio giudizio, è Carlo Ancelotti in un’intervista per ESPN: “Oggi credo di essere di gran lunga più pragmatico e flessibile di quanto non fossi in passato”, dice.
“Prima ero fissato su una certa filosofia, sono stato molto influenzato da Sacchi e ho pensato che la sua versione del 4-4-2 era la formula vincente.
Quando ero a Parma, il club ha raggiunto un accordo con Roberto Baggio. Ho posto il mio veto sull’operazione perché non si adattava il mio sistema.
Oggi, mi rendo conto non c’è alcuna una formula vincente, ce ne sono molte. Oggi, se il club mi ha comprasse un Roberto Baggio, fidati di me, mi piacerebbe trovargli lo spazio nel mio undici di partenza“.

Del Piero, per i 50 anni di Roberto Baggio, così scrisse:
<< quando io ti ho conosciuto, nel 1993, tu eri il più grande e per me poterti ‘portare la borsa’ non era un fastidio, ma un sogno che si realizzava . Io arrivavo alla Primavera della Juventus dal Padova, a 18 anni. Tu sollevavi il Pallone d’oro nel cielo di Torino, dopo averci fatto vincere la Coppa Uefa. Roby, ho imparato molto da te, ho giocato con te, ho vinto con te. Sei stato un grande compagno, e quando le nostre strade con la squadra di club si sono separate, avere ereditato la tua maglia è stato un onore oltre che una grande responsabilità. Tutte le volte che poi ci siamo incontrati, sul campo, da avversari, ci siamo abbracciati con amicizia e stima. E anche oggi, nel giorno del tuo cinquantesimo compleanno, ti voglio idealmente mandare un abbraccio. Buon compleanno, campione!>>.

<<Baggio negli ultimi quattro anni della sua carriera segna 45 gol in 95 presenze, giocando al fianco di giovani giocatori interessanti che poi diventeranno campioni del mondo nel 2006 come Luca Toni e Andrea Pirlo.
Proprio Pirlo è l’artefice di un assist fuori dalla concezione umana: era l’1 aprile 2001, Brescia-Juventus, il regista bresciano effettua un lancio dalla linea del centrocampo e pesca Roberto Baggio, che nel frattempo si era sfilato dalla marcatura bianconera, solo davanti a Van der Sar.
Il portiere olandese sembra in vantaggio sul pallone ma Baggio s’inventa un aggancio-dribbling al volo, qualcosa di fuori dal mondo, qualcosa che racchiude l’essenza stessa di Roby Baggio, del calcio-
Inutile dire che quel pallone è poi finito in rete.
Perché Roberto Baggio è stato un giocatore di pura estasi.
Un uomo semplice che quando scendeva in campo con pantaloncini e maglietta diventava un’entità dalla difficile comprensione umana.
Le sue giocate, i suoi dribbling, i suoi gol non si limitavano solo ad evocare palpabili emozioni ma erano pura gioia per l’intelletto>>. (cit. da La fine che merita un campione)

Nel tempo Baggio è diventato molte metafore. Ci sono quelle del suo ruolo, quelle sulla libertà, sulla pacatezza.
Ma sono le sue ginocchia la prova di quanto sia crudele la strada che conduce alla pace. Perché le guerre creano dolore, distruggono, e bombardano le possibilità. Di vivere, giocare.
Ma anche le guerre prima o poi finiscono, e dopo ogni cosa si rimargina e si torna a splendere.
A suo modo, lentamente. Come le ginocchia di Baggio.

Ed ora godetevi un po’ delle sue magie … ‘….aahh…da quando Baggio non gioca più…’

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