Adesso sappiamo cosa fare

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A mio avviso è il più bel complimento che un mister si possa sentir dire.

“Adesso sappiamo cosa fare!”, è stato uno dei commenti che i ragazzi della juniores hanno espresso ieri sera con Jimmi (chiamarlo aiuto allenatore o allenatore in seconda non renderebbe valore al suo contributo) nella consueta riunione che all’inizio dell’allenamento facciamo sempre per scambiarci opinioni sul gioco di squadra o sul periodo che si sta vivendo assieme.

Io e Jimmi abbiamo ripreso in mano questa squadra Juniores, composta da 27 ragazzi determinati a imparare e ad rimettersi in gioco nonostante la retrocessione anticipata di un mese subita nell’ultima stagione regionale con oltre 100 gol subiti.

Quando l’abbiamo presa, gli allenamenti erano stati ridotti a due volte a settimana, anziché tre a causa della mancanza di partecipazione e di entusiasmo dei ragazzi, conseguenza di scelte societarie discutibili e di una gestione della situazione poco attenta e imprudente, che ha lasciato da soli i mister precedenti non all’altezza di questa gestione.

Poi, per fortuna, il cambio. Eccoci qui per ripartire dai valori fondamentali, proporre una visione da condividere, alimentare le motivazioni individuali e cementare uno spirito comune.

Da qui la ripresa dei 3 allenamenti, la presenza in media di 23 – 25 ragazzi e soprattutto un filotto di  5 vittorie consecutive e una fiducia ritrovata anche per la futura annata.

Qualcuno potrebbe dire che è solo fortuna ma chi sa di calcio sa che non può essere cosi. C’è di più. Ed è bello viverlo assieme ai ragazzi.

“Ci sentiamo più squadra!” Altro commento di  ieri sera.

Questo perché credo fermamente  che il mister nel proporre un modello di gioco, debba fare in modo che tutti i giocatori si riconoscano in questo stile di gioco ed ognuno di loro si senta parte di un tutto che sta lavorando con una direzione precisa verso un obiettivo comune.

Creare le condizioni per la crescita e il cambiamento in funzione di obiettivi condivisi. Altra verità che ogni allenatore dovrebbe sempre seguire (valido sia le giovanili ma anche per la prima squadra).

Allora la presenza diventa massiccia, partecipativa, interessata e competitiva.

Proporre allenamenti in cui si deve sempre cercare di stimolare i giocatori proponendo esercitazioni aperte e imprevedibili.

L’allenamento deve portare ad una situazione realistica e aperta al contributo di tutti. Ogni volta, infatti, che il mister incontra i ragazzi deve poter tirar fuori e muovere dei significati, qualcosa per cui valga la pena lottare.

gioco di squadra

Lavorare non solo sugli aspetti tecnici e tattici ma anche e soprattutto sulla sensibilità verso gli aspetti psicologici, affettivi e relazionali.

Perché questa progettualità porta a trasformare gli allenamenti in situazioni che evidenzieranno la tua visione di gioco come un qualcosa che deve emozionare, stupire, appassionare!

Per ottenere un gioco di qualità, il mister deve prendere ispirazione dalle qualità personali dei propri giocatori, rispettando la loro natura e singole propensioni. In pratica, durante gli allenamenti è importante organizzare le interazioni tra i giocatori in base alle loro caratteristiche.

Per fare questo, è necessario proporre continuamente situazioni di gioco in allenamento, che corrispondano a frammenti di gioco realistici. In queste situazioni, la creatività individuale non deve essere repressa, ma sostenuta e indirizzata, al fine di valorizzare le singole abilità all’interno di un progetto comune.

gioco di squadra

Se ci sono le condizioni (e da noi ci sono) si può tentare anche di alzare un po’ l’asticella tentando di creare le condizioni per una sorta di auto-organizzazione dei giocatori.

Il mister deve concedere alla squadra la libertà di auto-organizzarsi entro certi confini, che devono essere contenuti ma non troppo limitanti, in modo che la squadra possa trovare autonomamente le soluzioni ai problemi attraverso un continuo confronto.

Pertanto, è importante programmare allenamenti che permettano ai giocatori di creare situazioni e sviluppi di gioco in modo da poter evolvere ulteriormente il modello di gioco proposto dal mister in base alle scelte che vengono fatte.

In una partita di calcio, infatti,  il giocatore è chiamato a fare delle scelte in pochissimi istanti, sulla base di una lettura immediata della situazione. La sua scelta può cambiare completamente lo scenario della partita, condizionando a cascata le scelte dei propri compagni e degli avversari.

Ma come faccio come allenatore a  dare sicurezza e ad insegnare ad ogni calciatore ad essere autonomo all’interno di una situazione così imprevedibile?

Non esistono scorciatoie, tattiche particolari o situazioni alla Blues Brother che ti fanno vedere la “luce”. S’impara a giocare a calcio… solo giocando a calcio il più possibile!

Solo attraverso l’esperienza si possono sviluppare le capacità tattiche per gestire al meglio le situazioni che si potranno presentare durante la partita.

È necessario quindi stare attenti ai dettagli e ad esempio giocare in spazi adatti (un campo vale l’altro… nooooooooo non è assolutamente così) oppure non concentrarsi solo sulla forza o sulla resistenza o la velocità ma tentare di svilupparle attraverso situazioni reali nel gioco di ogni squadra.

Dunque va da sè (magico Prof. Perondi – preparatore della Nazionale italiana femminile – che sottolinea sempre le sue frasi con questo modo di dire) che la partita libera di fine allenamento rappresenta l’esame dell’apprendimento per “leggere” quanto fatto durante gli allenamenti e cioè, capire le intenzioni dei compagni, migliorando la collaborazione reciproca e riconoscere le intenzioni degli avversari.

Quindi se dalla partitella si capisce che i giocatori non hanno assimilato il gioco di squadra come proposto non sono i ragazzi ad essere “incompetenti” o “zucconi”.

E’ il mister che deve rivedere la modalità con cui riproporre gli stessi argomenti in un successivo allenamento fino a quando non venga compreso e realizzato.

Questi argomenti sono in continua evoluzione e sviluppo.

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