Allenare è umano e il calcio è gioia

Quando alleni una squadra per passione ci metti tutto te stesso, ti fai coinvolgere, entri in sintonia con il momento che stai vivendo come i bambini che non si staccherebbero mai dal loro gioco anche quando la mamma li chiama.
Per me allenare è vivere il “richiamo” del tappeto verde e di quella palla che rotola, la gioia che solo il lavorare all’aria aperta è in grado di offrire anche quando fuori ci sono 2 gradi mentre cerchi di trasmettere concetti calcistici a giovani vogliosi di apprendere o a giocatori evoluti che si vogliono perfezionare.
Questa è passione e il calcio è gioia.
Chi allena però ha delle responsabilità, dei compiti che gli vengono assegnati e degli obiettivi da raggiungere e se la situazione non è quella sperata la società può decidere di cambiare allenatore per provare a vedere se la situazione sportiva può cambiare.
In fondo il mister (a tutti i livelli anche professionistici) non è un libero professionista che decide come fare, quando fare e cosa prendere; è più un dipendente che deve accettare quello che il suo “capo” decide.
Da ieri sera, insieme al primo mister, non alleno più al Team Traversetolo.
Il “comune accordo” con la società vuole sottolineare un interruzione del rapporto non cruento. Nessuno se ne è andato sbattendo la porta. Per quello che mi riguarda non porto rancore a nessuno.
Certo sono un po’ sorpreso e dispiaciuto di non poter portare a termine un impegno preso ma se è stato deciso che questa è la cosa migliore per i ragazzi, i nostri giocatori, ben venga. Loro prima di tutto.
Però per chi vive il calcio con passione è sempre una sorta di lutto, di fallimento.
Per me è la prima volta in 26 anni che alimento questa passione che interrompo un annata.
Questa notte ho dormito male, forse anche per qualche bicchiere in più bevuto ieri sera.
Mi accorgo che ho emozioni alterne.
Il primo impulso è stato quello di chiamare chi (fino a che il regolamento lo prevedeva), mi voleva come mister cercando quest’anno di togliermi dall’impegno preso con il Team per una sorta di rivalsa di orgoglio (non mi vergogno a dirlo) ma un aspetto fondamentale di un esonero (anche se consensuale è sempre un esonero) è la particolarità che l’allenatore esonerato non può allenare in un’altra società fino al termine della stagione sportiva in essere.
Ed allora eccomi qui, questa mattina, costretto, volente o nolente a fare i conti con questa situazione. A tentare di rivedere l’annata e cosa mi ha portato ad arrivare fino a qui.
Quando si arriva ad un esonero sono sicuro che la colpa non sia solo del mister ma per come sono fatto io mi prendo tutta la responsabilità perché senz’altro avrò fatto degli errori.
Mi sono posto alcune domande.
Ad esempio, ripensando all’annata e a come sono venuti i goal subiti. Sono sicuro di aver fatto un’analisi costante di questi aspetti cercando di trovare il progetto tattico più adatto ai giocatori a disposizione?
Ci sono stati infortuni importanti che hanno influito notevolmente sul rendimento dell’ultimo periodo. Quegli infortuni da cosa sono dipesi? Potevo suggerire di fare un programma atletico diverso?
Che idea aveva lo spogliatoio di me? Ho saputo ascoltare? Il mio linguaggio è stato comprensibile? La mia comunicazione ha trasmesso valori?
E ce ne sarebbero tante altre di domande!
Adesso, fino a giugno, ho tutto il tempo per ripensare a queste situazioni e di lavorarci sopra. Approfondire la mia analisi, confrontarmi con altri e cercare di crescere e migliorare a seconda degli eventuali errori commessi.
Molte volte, infatti, noi allenatori tendiamo a dare responsabilità solo a terzi, a salvare il nostro lavoro e a non fare auto-analisi.
Ma per come sono fatto io, la responsabilità è mia e bisogna riconoscerlo. Ma si guarda comunque sempre avanti.
“Non ho nessuna ricetta o nessuna magia per risolvere dall’oggi al domani i problemi ma solo il buon senso del contadino che guarda il tempo, si rimbocca le maniche e ritorna a seminare dopo che la tempesta ha appena rovinato il suo campo.” (mio papà).
Me lo ha detto mio papà e io ci ho sempre creduto con tutto me stesso.
E’ una frase che ho scritto ieri, ancora completamente ignaro del mio esonero. Ho pubblicato un articolo “Non si molla mai“, l’ho scritto di getto e difficilmente rileggo o correggo quello che scrivo perché mi fido delle mie emozioni inziali.
E sono molto contento di averlo fatto perché penso non ci sia miglior stimolo da lasciare ai ragazzi. Una sorta di testamento del mio carattere, positivo e combattente.
Anche questo esonero alla fine ha dei vantaggi. Mi permette di frequentare corsi, di seguire il lavoro di amici allenatori, di girare per campi, di crescere anche come preparazione. E solo un esonero può regalare questo tempo.
Grazie ai numerosi messaggi dei “ragazzi giocatori” (anche se qualcuno tanto ragazzo non lo è più), dei dirigenti, del mister e anche del mio amico Presidente che ha vissuto questa scelta peggio di me. Sei umano anche tu.
Il saluto del Team
Questa la mia storia al Team Traversetolo attraverso alcuni articoli del “ilmisterone”
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sei un grande, Paolone!