Mister, può rendere mio figlio più sicuro di se?

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Lo scorso fine settimana parlando con amici mentre stavamo arrivando al rifugio Fuciade con una vista bellissima sul monte Civetta, siamo andati sull’argomento dell’autostima calcistica dei ragazzi e sul ruolo che il mister può avere rispetto a questa situazione.

Ovviamente non esiste una pillola magica o una parola speciale da dire ai ragazzi per farli entrare in campo con convinzione o con più fiducia in se stessi ma esiste la possibilità da parte del mister di creare un ambiente attorno alla squadra che possa favorire un cambiamento significativo delle prestazioni grazie all’aumento di autostima nei ragazzi.

Secondo me, infatti, tutto deriva dalle competenze e da un ambiente sano. Non esistono infatti scorciatoie per ottenere la fiducia in se stessi da parte dei giovani giocatori ma bisogna intraprendere un percorso fatto di varie tappe.

Partendo dal significato di fiducia in se stessi che può essere definita come “uno stato d’animo, una sensazione interiore di essere pronti ad agire, indipendentemente da ciò che si incontra” possiamo ragionare come l’autostima sia una sensazione di certezza e di controllo che fornisce al ragazzo una prospettiva positiva indipendentemente dalla situazione.

La fiducia quindi si affina e si sviluppa attraverso l’acquisizione di abilità e il sostegno del mister che la rafforzano.

Quindi possiamo dire che la prima tappa è il lavoro continuo sul gesto tecnico. Chi è sicuro di sé lo è perché, ad esempio, ha fatto migliaia di tiri, ha provato e fallito molte volte, poi ha riprovato ed è riuscito a farlo consigliato e rafforzato dal mister per obiettivi progressivi.

Certamente però l’autostima non cresce solamente perché è accaduto qualcosa di positivo oppure perché un gesto tecnico è avvenuto in modo corretto e vincente ma bisogna continuare a lavorare tentando di capire le situazioni che si possono verificare per stimolare la fiducia, prima che un episodio positivo accada o per limitare le conseguenze negative dell’errore (seconda tappa).

L’insieme delle due tappe precedenti portano anche a sviluppare capacità per mantenere adeguata concentrazione (terza tappa). Qui il mister deve essere bravo e preparato per evitare di proporre sempre gli stessi esercizi negli allenamenti.

Diventa poi fondamentale anche gestire positivamente le emozioni per stimolare il ragazzo a porsi le giuste domande e i corretti obiettivi in modo che il comportamento in campo sempre più sia efficace (quarta tappa).  Anche qui il mister deve lavorare per essere il più trasparente possibile nelle sue scelte e tentare di dare più minuti di gioco possibili a tutti i componenti della squadra.

Strutturare questi passaggi aumenta l’autostima a prescindere dalle variabili situazionali o ambientali.

Ed è per questo che al momento della partita i ragazzi possono credere che le abilità che hanno sviluppato li porteranno a fare una bella prestazione.

L’errore comune che spesso si fa invece è nel pensare che l’autostima debba essere l’obiettivo, cioè che dobbiamo sforzarci di ottenere questa sensazione a tutti i costi invece di lavorare per gradi facendo in modo che l’autostima sia un qualcosa che si verifica e si assapori facendo altre cose.

E’ fondamentale che il mister  dia ai ragazzi i giusti strumenti per interpretare il gioco e le giuste competenze per svolgere i vari ruoli attraverso i principi di gioco per saper dominare la situazione a prescindere dal contesto di gioco.

Significa lavorare sui ragazzi non più utilizzando regole, obblighi o schemi predefiniti ma sottolineando principi generali che i giocatori dovranno imparare ad applicare a seconda del contesto.

Alle regole infatti si obbedisce, ma un comportamento dettato dalle regole non diventa parte del giocatore, che agirà in modo automatico senza capirne sempre il senso e diventando frustrazione quando non sarà soddisfacente il gesto tecnico o la comprensione della situazione di gioco.

I principi invece  vengono interiorizzati e il gioco che ne conseguirà sarà frutto di una comprensione più profonda.

Per definire i principi di gioco si deve partire dall’identità di gioco della squadra per poi distinguere una serie di principi che saranno gerarchizzati in base alla loro complessità.

Se una squadra ha come principio generale in fase di possesso palla di avere la superiorità in zona palla (ovviamente cercando di andare a finalizzare in porta) devo essere capace come mister di far capire ai miei giocatori i sottoprincipi che portano a questo principio generale.

Quindi accompagnare l’azione del portatore di palla, mantenere distanze ottimali per ricevere passaggi, ricercare costantemente soluzioni utili al mantenimento del possesso palla, superare le linee di pressione, ecc; sono tutte soluzioni funzionali al principio generale.

Il mister deve evidenziare i vantaggi che quei movimenti possono portare e poi deve proporre esercitazioni in situazione che permettono l’applicazione di tale principio e sottoprincipi in determinate zone di campo.

Difficilmente si ripeterà in partita la situazione proposta in allenamento ma tutti i giocatori sapranno cosa fare ogni volta che si è in possesso palla nelle zone di campo in cui si è lavorato in allenamento perchè lavoreranno tutti verso quel principio.

A questo proposito vi invito a leggere l’articolo “La Mobilità: libertà, competenze e autostima” in cui Giuseppe Menia evidenzia come lo scopo dell’allenatore deve essere quello di aumentare il bagaglio individuale di competenze dei propri ragazzi analizzando la fase di possesso e proponendo un esercizio di esempio da fare con la categoria esordienti rispetto a quanto detto sopra.

In ultimo vi lascio con una raccolta di articoli e curiosità saltate fuori ricercando PRINCIPI DI GIOCO nel sito de “il misterone”…a mio avviso interessante e corredato da vari esercitazioni che si possono svolgere con tutte le età.

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