Calcio femminile: Commento all’articolo di Jack O’Malley sul quotidiano Il Foglio

23 LUG 2022 – IL FOGLIO
Il calcio femminile è un’insopportabile operazione di marketing
Fanno bene le donne a giocare e a pretendere il professionismo, ma basta ma è ora di finirla di far finta che non ci siano differenze con il calcio maschile.
Tralasciando il fatto che penso che questo pezzo sia scritto in una forma linguistica inadeguata, più simile al commento di un post su un social network che ad un articolo di giornale, entrando nel merito del contenuto, io penso che il calcio femminile meriti una identità propria. Non reputo necessario confrontarlo a quello maschile e non lo ricerco il maschile all’interno del femminile.
Non so se abbiate mai cercato di imparare una nuova lingua, capita spesso che in un primo momento si cerchi di trovare nella traduzione la corrispondenza con le parole della propria lingua e del proprio modo di pensare, soprattutto quando si conosce solo una lingua. A volte si incorre nella difficoltà di esprimere certi concetti che ci sembrano naturali perché non troviamo nell’altro vocabolario le parole corrispondenti al nostro. Allo stesso tempo, altre volte troviamo le singole parole corrispondenti per poter tradurre la frase ma non veniamo capiti dal nostro interlocutore madre lingua perché l’insieme delle parole esprimono concetti lontani dal loro modo di pensare il mondo. Quando si impara una lingua, penso che sia importante prima di tutto iniziare a “pensare in quella lingua” che poi è lo stesso modo di pensare di quel popolo che l’ha creata. Il secondo passo è cercare di ascoltare il madrelingua e cercare di ricalcare il modo in cui formula le frasi ed infine affinare il vocabolario per utilizzare le parole corrette.
Quando si riesce a pensare in un’altra lingua si impara a conoscere meglio anche la propria, ragionando sui limiti e i punti di forza.
Le ragazze parlano un linguaggio diverso da quello dei maschi, sia dal punto di vista mentale che corporeo. Chi vuole essere allenatore di una squadra femminile lo deve avere ben presente quando imposta il lavoro, perché tanti dati in letteratura sono basati sul corpo maschile, ma quello femminile ha ritmi e condizioni diverse.
Quindi chi è più confidente con il calcio maschile e lo prende come parametro sicuramente non potrà mai sentirsi appagato perché lo osserva dal punto di vista sbagliato.
Ora una calciatrice è finita addirittura nella copertina dell’ultima edizione del videogioco Fifa 23.
Vi invidio, amici italiani. E non è l’alcol a farmi parlare. Non più del solito almeno. Per una volta, sinceramente vi invidio. La vostra Nazionale femminile ha fatto una figura ridicola all’Europeo che si gioca nei campi di allenamento delle giovanili delle squadre inglesi ed è stata eliminata.
Premesso che anche io credo che le azzurre non abbiano espresso a pieno le proprie potenzialità e sicuramente occorre lavorare sugli errori e le difficoltà che si sono riscontrate durante le partite del girone della coppa europea.
Io penso comunque che tutti i campi meritino lo stesso rispetto, che ospitino regolarmente squadre giovanili o prime squadre. Ognuno di questi campi da il diritto e la possibilità a tante persone di praticare lo sport che ama, quindi chi li denigra va contro allo spirito sportivo di inclusione. Resta comunque la responsabilità delle Federazioni e dei club di mettere sempre a disposizione i migliori campi di cui dispongono.
Invidio soprattutto i miei colleghi dei giornali sportivi, costretti fino a qualche giorno fa a fingere che gli fregasse qualcosa di un torneo con le stesse qualità tecniche di un campionato della vostra Eccellenza, a mettere in prima pagina partite di cui non fregava granché a nessuno, pena l’accusa di sessismo.
A tante giornaliste donne e giornalisti uomini il calcio femminile piace ed sono felici di parlarne.
Penso sia molto egocentrico pensare che tutte le persone abbiano le nostre stesse opinioni o abbiano la nostra stessa visione delle cose.
Molti sport chiamati “minori” lo sono perché godono di scarsa visibilità sui media, pur appassionando tantissime persone.
Io credo che ogni sport, soprattutto in presenza di eventi importanti, debba avere la possibilità di essere seguito da tutti.
Adesso che le Azzurre sono tornate a casa dopo tre partite indecenti potete tornare a parlare con cuor leggero di Bremer alla Juve e non all’Inter, di Dybala alla Roma e non all’Inter, di chiunque ovunque tranne che all’Inter.
Ammetto di non essere appassionato di questi discorsi, ma è un mio limite.
Qua da noi, col fatto che le nostre ragazze se la cavano, tranne che per l’inconveniente del colore della divisa, e che ospitiamo noi questo torneo parrocchiale che è l’Europeo femminile, ancora siamo costretti a vedere aperture di pagine sportive dedicate alle imprese non memorabili delle calciatrici.
Ho giocato diversi anni nei campionati e tornei del CSI ed ancora conservo i ritagli della Gazzetta di Parma degli articoli in cui si parlava di noi. Sicuramente Jack non ha mai partecipato ad un torneo parrocchiale e non conosce il significato di vivere una emozione.
Io ve lo giuro, con una più che degna scorta di brandy ci ho provato, ma i tiri al rallentatore verso porte difese da sagome cartonate coi capelli lunghi non fanno per me. Verrò presto spazzato via, lo so, sono di quelli che allo stadio fischiano ancora gli avversari e cantano i cori non passati al vaglio delle società, ma è più forte di me.
Per il suo comportamento allo stadio, sento di fare parte del main stream e di pensare che non sia la persona più adatta a parlare di sport in quanto lontano dai valori che esso rappresenta, ma sono anche una persona democratica e penso che tutti abbiano il diritto di esprimere le proprie opinioni liberamente.
Nulla contro le calciatrici, sia chiaro: loro fanno bene a giocare, a pretendere il professionismo, a cercare sponsor e divertirsi a vincere. Quello che non sopporto è l’operazione di marketing che c’è attorno al movimento calcistico femminile, che in nome di una parità fisica e tattica inesistente pretende di venderci come uguale un surrogato dello sport di cui ci siamo innamorati. Sono due sport diversi, e chi vuole seguire quello più lento e acuto dei due ha tutto il diritto di farlo, eppure cercano di spacciarli come identici.
Mi suona molto come: ” Non sono razzista, sono loro che sono neri! Se vogliono essere neri, nulla in contrario, ma che lo facciano a casa loro!”
L’ultima novità è la copertina di Fifa 23, il videogioco di calcio che ha cresciuto generazioni di lobotomizzati che preferiscono i trick virtuali all’odore del campo e che dall’anno prossimo se Dio vuole non ci sarà più. “Fifa 23 sarà l’ultimo. E punta a essere il più bello e inclusivo di sempre”, titolava non a caso Repubblica giovedì. In copertina c’è Kylian Mbappé, e con lui Sam Kerr. Anche io come voi ho pensato “e chi cazzo è?”. Sam Kerr è una calciatrice australiana che gioca nel Chelsea. Ora io sono contento che Kerr giochi a calcio in Inghilterra, ma cosa se non un’operazione di marketing ideologica l’ha fatta finire sulla copertina di Fifa 23? Ripetere una bugia cento, mille volte non la fa diventare una verità.
Il marketing è una cosa strana! Se un contadino vende angurie e meloni, deve mettere il cartello con su scritto “Angurie e meloni”, altrimenti se scrivesse solo “Angurie” nessuno gli chiederebbe i meloni… non me lo riesco a spiegare…
Con buona pace dell’Università americana della Pennsylvania che ha nominato come donna dell’anno la nuotatrice trangender Lia Thomas. Un insulto alle atlete donne che nuotano e vengono regolarmente battute da questo corpaccione che per il 95 per cento della sua vita è stato un uomo, e che oggi grazie al suo vantaggio fisico vince tutte le gare femminili a cui partecipa. Inutile che vi dica che spero non vinca lei: il prossimo passo qual è, premiare una birra analcolica come birra dell’anno? Io mi tengo stretto la mia bionda alcolica, voi fate come volete.
Sicuramente è un tema interessante e su cui le opinioni divergono, ma non trovo alcun collegamento con il calcio femminile.