Il portiere di calcio: l’ultimo baluardo difensivo con tutte le sue fragilità

L’importanza del ruolo del portiere in una squadra di calcio non ha bisogno di spiegazioni particolari. E evidente a tutti, anche dalla nonna che non gli è mai interessato niente del calcio e che è venuta a vedere il nipotino, perché il portiere si fa subito notare per il suo abbigliamento, diverso da tutti gli altri giocatori, perfino dagli stessi compagni di squadra.
Nelle varie cene svolte con vari amici in tanti anni di frequentazione del calcio quando si parla del portiere non si sbagli mai a sentenziare sorridendo che: ”di portieri normali ce ne sono pochi!”.
Chi sceglie di fare il portiere, infatti, per la posizione che assume in campo e per le responsabilità ed i compiti enormemente differenti dai suoi compagni di squadra deve avere qualcosa che lo caratterizza anche dal punto di vista umano.
Anche se io sono cresciuto con il mito di Zoff (il portiere “freddo” per eccellenza) normalmente i portieri di oggi sono esuberanti, guasconi, persone a cui piace stare al centro dell’attenzione.
Ed è proprio questa “attenzione” che caratterizza molte situazioni di gioco che interessano il portiere.
L’attenzione, infatti, rappresenta una risorsa fondamentale per il portiere, in quanto facilita la lettura delle situazioni di gioco.
Il portiere deve imparare a selezionare gli stimoli a cui rivolgere l’attenzione, trascurare i non rilevanti e abituarsi continuamente a spostare l’attenzione al momento opportuno verso informazioni importanti.
Da questi stimoli nascono le decisioni da prendere di volta in volta. E quando la decisione è presa rimane solo l’emozione positiva o negativa in conseguenza alla scelta fatta.
Allora si capisce perché spesso si ostenta sicurezza o il perché debbano essere esuberanti e guasconi. E’ un modo per non mostrarsi fragili. E’ fondamentale, infatti che un portiere sia in grado di gestire le emozioni.
Il portiere deve infatti essere apparentemente distaccato dalle pressioni. Deve dimostrare tranquillità, non si deve mai mostrare fragile anche quando è messo in discussione dopo un errore, ma anzi deve far sembrare (anche quando non è così) di essersi messo alle spalle l’errore commesso.
E’ fondamentale che un portiere non debba mai farsi eccessivamente carico degli errori e dimostrarsi sempre forte e tranquillo.
Se, soprattutto, ha commesso un errore decisivo ai fini del risultato, la capacità di proiettare la mente sempre in avanti, senza guardarsi troppo alle spalle, e di mostrarsi sempre sicuro e consapevole dei propri mezzi diventa una abilità decisiva, sia nel rapporto interno alla squadra con compagni ed allenatore.
L’obiettivo del portiere è quello di “sentire” la maggiore fiducia possibile intorno a sé, senza farsi minimamente condizionare in vista delle partite future.
I compagni e i tecnici devono vedere nel proprio portiere un calciatore che può si effettuare degli errori, ma che è pronto ad affrontare la partita successiva con la stessa naturalezza e sicurezza nei propri mezzi.
Proprio per questo bisogna stare attenti a spingere i portieri ad ammettere “pubblicamente” i propri errori di gioco, perché questo, secondo me, non porta nessun vantaggio al portiere.
E’ una situazione delicata, da affrontare con il proprio preparatore in modo che la gestione dell’errore non possa minare l’autostima nei propri mezzi tecnici ma che anzi gli permetta di sottolinearne i vari aspetti dell’errore commesso per poterli migliorare e continuare il suo percorso di crescita.
Nella partita successiva effettuare interventi ai primi minuti, anche facili come rinvii passaggi con i compagni o uscite in tranquillità, spesso allontana definitivamente l’ansia dalla mente del portiere, quindi sarebbe indicato che i portieri si prendessero sempre maggiori responsabilità, sia nei rilanci che nella costruzione del gioco, per mantenere questo livello di tranquillità concentrata per il maggior numero di minuti possibile.
Il mantenere infatti, la concentrazione per tutta la durata della gara rappresenta la maggiore difficoltà per un portiere, proprio perché la mancanza di sollecitazioni continue per tutti i novanta minuti lo fa cadere in uno stato di isolamento.
Il portiere è, quindi, spesso portato a pensare a cose che non hanno niente a che vedere con la partita che sta giocando.
Per ritornare immediatamente ad essere presente sul campo, il portiere deve ricorrere a particolari accorgimenti, quali ad esempio urlare e dare indicazioni ai compagni, anche se non necessarie in quel momento, saltellare ed effettuare alcuni esercizi di allungamento; dimostrare ai compagni continuamente la “voglia di partecipare”.
Quindi anche gli esercizi di riscaldamento nel pre – partita devono seguire un preciso ordine e devono avere lo scopo di “svegliare” le capacità fisiche, tecniche e soprattutto psicologiche del portiere. L’obiettivo è far scendere in campo un portiere desideroso di giocare la partita quindi calciare in porta in modo da “far parare”.
Perché il portiere è unico, invincibile ed imbattibile…forse!