Calcio Femminile: Si può essere mamme e calciatrici?

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Prima del periodo natalizio si discuteva di professionismo del calcio femminile.  Vorrei analizzare brevemente uno degli aspetti più importanti per il quale si battono le ragazze:

Quali garanzie hanno le giocatrici che in Italia intendono avere un bambino?

In verità molto poche rispetto alle colleghe statunitensi che hanno uno stipendio garantito durante la maternità ed il diritto ad un asilo nido.

Poche anche rispetto alle colleghe spagnole che hanno un salario minimo, ferie e congedi di maternità.

In Italia, nei casi più fortunati puoi ottenere un reintegro all’interno della squadra, perché essendo dilettanti rimanere incinta significa dover rescindere il contratto.

parliamo di Alice Pignagnoli portiere del Cesena

Leggete l’intervista completa nel blog di Stefano Santachiara:

Pignagnoli, portiere che gioca coi piedi e con la testa

Alice Pignagnoli che difendeva, adesso ovviamente è ferma, la porta del Cesena in Serie B è rimasta incinta. Nonostante questo non è stata abbandonato dalla sua società.

L’attesa più dolce

Difende la porta, fino a qualche settimana fa, prima di fermarsi perché “infortunata”, solo dopo dirà “incinta”. “Le prime settimane sono state molto dure perché abbiamo deciso di non comunicarlo alle compagne subito, sia per non stravolgere troppo l’ambiente, sia perché volevo fare gli esami del caso e sapere che fosse tutto a posto”. Inizia così il racconto della futura mamma. Tra dubbi, incertezze e piccole paure, comuni a tutte le donne. 

il sostegno delle compagne

“Il pensiero di dover interrompere l’attività sportiva per me è stato scioccante. Mio marito era felice, ma io continuavo a piangere. Ho avvisato subito la società e il mister perché comunque stiamo giocando un campionato importante. Sapevo di venire a mancare per diversi mesi. Poi dopo la partita col Vittorio Veneto ho deciso che era ora di comunicarlo e ho cominciato dal capitano Petralia e da Cama, le persone a cui sono più legata e che hanno giocato con me tanti anni anche in Serie A. La loro reazione è stata quella che mi ha dato proprio la forza di dire: ok, Alice, stai facendo una grande cosa e le tue compagne sono con te”“Durante il viaggio di ritorno, mi fece questa confessione”, racconta il capitano bianconero Eleonora Petralia“Mi spiegò che non era infortunata, ma che aspettava un bambino. Io l’ho subito abbracciata con grande gioia perché era una notizia bellissima”. L’affetto delle compagne ha dato ad Alice la serenità che cercava. “Mi hanno detto: ci mancherai tantissimo in campo, ma lotteremo anche per te, ci salveremo e l’anno prossimo sarai con noi. Dopo quelle parole mi sono un po’ calmata. Il passo successivo è stato quello di comunicarlo alla società”.

 LE PAURE

La paura di Alice è anche quella di tutte le calciatrici che, in quanto dilettanti, non hanno con le società reali contratti di lavoro, ma scritture private che prevedono la rescissione nel caso in cui l’atleta resti incinta. Aveva paura di non poter più far parte della squadra e di essere lasciata sola. “Ho ovviamente interrotto il contratto e lo stipendio, perché siamo dilettanti…

LA RISPOSTA DELLA SOCIETà

…ma il club mi ha proposto di restare vicino alla squadra ugualmente, rimborsandomi tutti i costi che avevo di trasferta e anche di viaggio”. Un piccolo atto di civiltà, non scontato.

Accompagnato dalle parole della Team Manager del Cesena. “La gravidanza non deve essere una penalità, ma dev’essere un completamento di un’atleta. Non un qualcosa che le vada a togliere o a penalizzare quelle che sono le sue capacità, le sue passioni, i suoi interessi. Da qui l’idea di mantenere Alice assolutamente nel gruppo come prima, di continuare al pari delle altre atlete, quindi con un rimborso per le spese dei viaggi che deve sostenere per venire agli allenamenti o a incoraggiare le compagne alle partite, o alle trasferte. Insomma, Alice è integrata come prima, più di prima, nel gruppo” – conclude Manuela Vincenzi- “e anzi, stiamo diventando tutti zie. E siamo anche molto emozionate”. Adesso Alice è pronta a parare il rigore più bello.

Cosa hai provato, temuto?

“Inizialmente è stato parecchio traumatico. La paura era più grande di tutto. La paura di perdere tutto quello per cui mi ero sacrificata per anni, come donna e come atleta. Poi la società e le mie compagne hanno ridimensionato queste paure, trasformandole in gioia e opportunità”.

In Spagna le atlete hanno salario minimo, ferie pagate, garanzie per infortuni e maternità, in America ci sono asili nido per le mamme che giocano. Il Cesena come si è comportato?

La società mi paga i rimborsi per seguire le compagne di squadra in trasferta e soprattutto mi ha assicurato la conferma per l’anno prossimo.

Com’è oggi il rapporto coi tuoi genitori che non appoggiavano del tutto le tue scelte? Sono migliorati?

Attualmente è molto positivo, loro hanno fatto grossi passi verso la mia passione, e io ho accettato le loro “debolezze” come genitori. Mia sorella minore gioca a basket, un altro sport con problematiche simili a quelle del calcio, e non è stata mai ostacolata, anzi, viene tuttora seguita quotidianamente. Questo a dimostrazione del loro passo indietro nel confronti dei pregiudizi.

Come vedi il tuo futuro?

Conto di rientrare quanto prima, mi piacerebbe essere a disposizione per l’inizio del prossimo campionato a ottobre. In questo modo avrò la possibilità di passare del tempo che molte mamme lavoratrici non hanno, con mio figlio e allo stesso tempo continuare a costruire Alice come atleta.

Potrete trovare questa ed altre storie sulla pagina facebook del libro:

Sorelle d’Italia 

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