Il calcio a 5 femminile

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Salve, sono Michele Guerra, preparatore dei portieri della squadra di calcio a 5 femminile di Tuttimondi ASDPS. Ho fatto parte dello staff della Medesanese Futsal femminile con la quale, grazie alle ragazze e all’esperienza di Michele Oppici e Marco Rossi, abbiamo vinto 2 campionati di serie C regionale e una coppa Emilia.

Partendo da questo documento vorrei iniziare a parlare di calcio e calcio a 5 femminile condividendo la mia esperienza nel settore con voi.

Per tutti gli allenatori che vogliono iniziare l’avventura nel calcio femminile giovanile consiglio di leggere questo documento della FIGC di Bolzano per prendere spunto per impostare il lavoro. Anche se breve puntualizza diversi aspetti.

Per chi allena il femminile una cosa che spesso si sottovaluta delle donne è la alta competitività. L’allenatore deve avere autorevolezza per essere ascoltato, deve saper ascoltare e saper interagire in maniera adeguata con le proprie giocatrici e con le “mille verità” che si vengono a creare. Deve saper gestire i rapporti con direttori di gara talvolta indisponenti ed arroganti verso le donne e talvolta meno esperti o preparati rispetto ai colleghi che arbitrano il maschile.

Parlando dell’attuale generazione di giocatrici che vestono le maglie delle prime squadre, pur avendo maturato un lunga esperienza, solo poche hanno iniziato a giocare prima dei 14 anni e per questo mostrano piccole incertezze sui fondamentali.

Fortunatamente per il movimento stanno nascendo tantissime squadre che ammettono bambine di 6 anni che approcciando a questo sport da piccole hanno meno titubanza rispetto alle adolescenti che approcciano per la prima volta a questo sport.

Uno dei principali fattori frenanti per le giocatrici, all’inizio, è proprio la paura o la timidezza di approcciare un nuovo mondo. Partire senza un fardello emotivo di incertezza sicuramente velocizza l’apprendimento, dà meno possibilità alle avversarie di approfittare dell’inesperienza e rende più sereno il gioco.

Un secondo punto critico per le neofite, che entrano a far parte di gruppi che si allenano da più tempo, è il non farsi scoraggiare per il lavoro da compiere per arrivare al livello delle compagne. Occorre far giocare le esordienti affiancate dalle compagne con maggiore esperienza, che sanno facilitarne il gioco, per non far pesare loro eccessivamente le imprecisioni o la gestione macchinosa della palla.

Parlando di creare un gruppo da zero, condivido in pieno il fatto che il futsal sia molto allenante per la mente dell’atleta, quindi utile anche per coloro che aspirano a giocare nel calcio a 11.

Gli esercizi e gli sviluppi in spazi ridotti costringono a prendere decisioni rapide, a ridurre le sbavature tecniche che possono essere fatali se permettono all’avversario di intercettare la palla.

Prediligendo passaggi veloci palla a terra, permettono una gestione più rapida ed agile in fase di ricezione, al contrario della scuola del calcio a 11 femminile in Emilia Romagna che è per la sua gran parte ancora improntata sulla palla lunga alla punta che deve correre più dei difensori. Un buon allenamento stile futsal permette di avere una visione completa del campo e generare sinergia tra i compagni, muovendosi sempre in armonia per occupare gli spazi lasciati vuoti in maniera ottimale.

Purtroppo, se tali capacità non si allenano sin dalla più tenera età, sarà sempre più difficile riprenderle ad età più avanzate.

Parlando di giovanili nel calcio a 5, sino all’anno scorso le ragazze a Parma non potevano partecipare a campionati se non al compimento del quattordicesimo anno di età, entrando in squadre di adulte, perché ancora non esistevano i campionati under 12 o under 14. Questo causava un fortissimo ritardo nell’apprendimento della tecnica e dell’orientamento in campo.

Una bambina doveva essere abbastanza paziente e allenarsi per anni senza giocare (cosa molto improbabile, che portava per il più delle volte all’abbandono) o si presentava a 14 anni in una squadra di adulte soffrendo parecchio per le proprie lacune rispetto compagne ed avversarie.

L’ingresso era sempre molto traumatico, perché ogni piccola sbavatura nel passaggio o la ricezione si traduceva in una palla persa o peggio in un gol. Le compagne e le avversarie spesso  avevano esperienza pluriennale e questo provocava anche forte disagio e sconforto per ogni piccolo errore, portando molte ad abbandonare nonostante le potenzialità.

Per ciò che concerne l’Emilia Romagna, l’inizio ritardato delle atlete non ha mai permesso uno sviluppo di questo sport in termini di competitività e qualità di gioco. Le squadre per la maggior parte chiamavano giocatrici formate nel calcio a 11, con buone basi calcistiche, ma da riadattare e rieducare per il futsal.

Molte di loro ammettevano una grande fatica ad entrare nei meccanismi, nell’occupazione degli spazi liberi, nei passaggi rapidi e continuativi, nel gioco di suola e nei tiri di punta, facevano fatica a perdere il “ruolo fisso” che avevano nel calcio a 11, difficilmente si fidavano a fare passaggi in appoggio alla compagna arretrata e sopratutto riproponevano il gioco del calcio che avevano imparato con lanci lunghi al “pivot” improvvisato o sulle corse delle ali.

Ho allenato nell’attuale generazione di trentenni e spesso occorreva fare tantissimi allenamenti specifici sui fondamentali, soprattutto sul passaggio e controllo, i movimenti pivot, i movimenti e le uscite da portiere del futsal ed ottenendo risultati decenti solo dopo tanto tempo e tanta tenacia.

Un arrivederci al prossimo appuntamento in cui parleremo ancora di calcio e calcio a 5 femminile giovanile, amatoriale e dilettantistico.

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