Andare agli allenamenti è diventato un obbligo

Spesso quando faccio la doccia dopo aver fatto allenamento con i ragazzi ripenso a come questi hanno svolto gli esercizi e a come si è svolto l’allenamento in generale.
Nell’idea di capire dove migliorare spesso ripasso mentalmente l’elenco dei ragazzi e mi interrogo su come possono aver raggiunto gli obiettivi dell’allenamento e su come ognuno di loro può migliorare.
Per ogni ragazzo ci sono motivazioni e problemi diversi e mi ritrovo quindi a mandare messaggi personalizzati o a trovare il modo nell’allenamento successivo di chiacchierare con i singoli giocatori soprattutto sulle motivazioni che loro hanno o sul perché abbia senso fare una cosa piuttosto che un altra.

Si crea così un rapporto. Un rapporto sincero che i ragazzi percepiscono come importante perché li riguarda direttamente. Non sono parole rivolte ad una squadra che deve assolutamente vincere contro l’avversaria di turno oppure deve assolutamente mantenere in allenamento e in partita un clima militare di esecuzione dei comandi del mister, ma parole rivolte alla persona singola, alle sue motivazioni e alle sue sensibilità.

Il rapporto con i ragazzi diventa fondamentale perché va oltre al calcio. Se un ragazzo viene stimolato la sua motivazione resta alta e il suo impegno sarà comunque apprezzabile.
Purtroppo però gli abbandoni nel calcio giovanile soprattutto dopo i 14 anni sono tantissimi (le statistiche dicono oltre il 35% per in motivi più svariati).
A questo proposito, ascoltando un vocale su whatsapp di un ragazzo allenato negli anni scorsi (adolescente) mi ha colpito molto questa frase: ” Il calcio lo vedo come una cosa per sfogarmi e per divertirmi con gli amici, ovviamente con il giusto impegno…ma non in modo così accanito”.
Una frase splendida nella sua semplicità.
A volte i mister pensano che per ottenere qualcosa dai ragazzi bisogna instituire un clima militare. Quando c’è il mister nello spogliatoio non si possono fare battute…difficilmente creano un rapporto con i ragazzi che gli permetta anche di scherzare e ridere oltre che di crescere assieme nel calcio.
Allora saltano fuori da parte dei ragazzi quei malesseri che li portano a finire gli allenamenti arrabbiati. Li vedi litigare con i genitori (perché non si sono sfogati durante gli allenamenti). Se provi a parlare con loro e gli chiedi come va ti dicono frasi del tipo “Non mi trovo bene con il mister”; “Andare agli allenamenti è diventato un obbligo e non un divertimento”, ” Io non aspiro a fare il calciatore. Il calcio lo vedo come una cosa per sfogarmi e per divertirmi con gli amici”, ecc.

Il passo successivo è quello dell’abbandono. Gli adolescenti passano un periodo in cui la motivazione viene meno (non solo nel calcio) e nell’intimo pensano di non essere in grado di riuscire a fare determinate cose (capire matematica ma anche fare un dribbling).
Il mister ha un ruolo fondamentale (come l’insegnante o qualunque altro riferimento adulto fuori dalla famiglia) perché il ragazzo ha bisogno di confrontarsi con una persona che riesce a non giudicarlo continuamente per poter capire chi realmente è e cosa vuole.
Come tirare una punizione, come riuscire a marcare un avversario, che movimento fare a centrocampo allora diventano modi per parlare di come affrontare un problema e risolverlo con le capacità che ognuno si trova ad avere.
Se si instaura un rapporto di fiducia il ragazzo avrà più possibilità di riuscire e quindi di crescere nella sua autostima…magari continuando a sparare cavolate durante l’allenamento e facendo volentieri le flessioni di “punizione”.


Tu come ti comporti con i tuoi ragazzi? Che mister sei?